Libertà d’Opinione: O la borsa, o la lingua
La Prima Sezione Civile della Corte d’Appello di Palermo ha recentemente confermato la condanna per diffamazione di Umberto Santino, Presidente del Centro Impastato e noto studioso del fenomeno mafioso, al risarcimento di 15 milioni di vecchie lire in favore dell’ex ministro Calogero Mannino.
La sentenza è preoccupante, nella misura in cui conferma un orientamento giurisprudenziale che tende a sottovalutare la distinzione tra attività giornalistica (diritto di cronaca) e attività di analisi e interpretazione (diritto di critica e libertà di ricerca) e risente, soprattutto, di una concezione angusta e formalistica della tutela della reputazione individuale, poco sensibile all’esigenza di un giusto contemperamento con l’interesse pubblico a conoscere, commentare e studiare il gravissimo fenomeno delle contiguità tra politica, mafia e affari.
Tale orientamento certamente non incoraggia la partecipazione della parte sana della società civile all’attività di contrasto nei confronti di quella “zona grigia” del tessuto sociale, fatta di politici, amministratori, uomini delle istituzioni, imprenditori e professionisti che colludono con le organizzazioni mafiose, opportunamente e duramente stigmatizzata recentemente anche dal Presidente della Corte d’Appello di Palermo.
La conferma della condanna di Santino, ultima di un lunga serie di analoghe sentenze nei confronti di studiosi, giornalisti, cittadini e, persino, familiari delle vittime di mafia, ci induce a ribadire con forza il diritto di ogni cittadino a conoscere, studiare e stigmatizzare tutti quei comportamenti che configurino delle responsabilità politiche e morali di chi ricopre cariche pubbliche o ruoli rappresentativi (indipendentemente dall’accertamento di eventuali responsabilità penali che spetta esclusivamente alla magistratura) ed elaborare una nuova regolamentazione legislativa in materia di diffamazione che tuteli più efficacemente la reputazione personale senza mettere a repentaglio la libertà di informazione, di critica e di ricerca, scoraggiando l’uso distorto e strumentale, a scopo intimidatorio e speculativo, del risarcimento monetario e incentivando forme di tutela più adeguate (giurì d’onore, rettifica e diritto di replica).