Condanna Giacalone: Colpevole d’essere offeso
TRAPANI, 10 OTT – Sgombriamo il campo dalle dichiarazioni partigiane, dai commenti post sentenza tanto dell’offeso Fazio quanto del presunto calunniatore.
Gaetano Giacalone, Rino per gli amici, è colpevole.
Sfogliamo la fredda sentenza, le dodici pagine [SCARICA QUI LA SENTENZA INTEGRALE] che si riempiono di un’elencazione di altre sentenze, come se la Legge fosse scritta dalle sentenze dei giudici e non dai legislatori.
Per scoprire la Verità non serviva un processo durato anni, con una condanna, in primo grado, che giunge nel 2013 ma che riguarda delle frasi, un ragionamento, scritto nel 2007, ben sei anni prima.
Che Rino Giacalone fosse colpevole lo si intuiva subito. Appena letto una volta l’articolo criminale.
Rino Giacalone è colpevole di essere un uomo arrabbiato, offeso. Non certo di diffamazione! In nessuna parte dell’articolo, ampiamente riportato dal Giudice nel dispositivo di sentenza, si legge la frase che Girolamo Fazio, l’ex-sindaco di Trapani, sarebbe un «mafioso, assassino e stragista» come lo stesso contesta nella odierna dichiarazione di stampa.
Rino Giacalone, era arrabbiato, era offeso, come cittadino, e non certo come giornalista, quando l’allora sindaco di Trapani, Girolamo Fazio, aveva respinto la volontà del Consiglio comunale e non assegnato la cittadinanza onoraria ad un uomo di Stato che aveva provato a fare quello per cui era pagato, difendere lo Stato dall’Anti Stato della Mafia. Cosa che non fanno tutti gli uomini dello Stato, è risaputo.
E nella sua rabbia Rino s’era spinto più in la.
Nei suoi pur lucidi, coraggiosi, da molti condivisibili, ragionamenti aveva fatto delle similitudini certamente fuori luogo, inappropriate. Dalle quali, sia chiaro, prendiamo le distanze.
Non c’era assolutamente bisogno di scomodare Matteo Messina Denaro ed i suoi pizzini per criticare a Girolamo Fazio, per asserire che lui, nel Caso Sodano, «ha ribaltato le cose», o, per dire, riferendosi alle contestazioni delle opposizioni, che Fazio «parla di una nuova inquisizione di Torquemada da strapazzo». Sono delle stupide espressioni «stilistiche»!
Il dott. Giovanni Campisi, giudice unico nel procedimento, ha, in sostanza, condannato l’esposto «parallellismo fra la condotta e l’atteggiamento del sindaco Girolamo Fazio ed il capo mafia latitante Matteo Messina Denaro», lo «accumunare la condotta del Fazio a quella del pericoloso latitante», riconoscendo in tale forma la lesione «della dignità e dell’onore».
Onestamente, in questo pur esecrabile «parallelismo», noi non riconosciamo una così grave lesione all’onore, comunque tale da incutere, in una persona avvezza allo spesso duro dibattito politico qual è l’ex-sindaco Fazio, una tale «sofferenza morale meritevole di ristoro». Ma, per sfortuna del Giacalone, noi non eravamo il giudice.
Noi non troviamo «proporzionata», in ogni caso, per come richiede la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, una sanzione di 25mila euro (oltre spese accessorie), una sanzione, cioè, che, per uno stupido parallelismo, faccia sparire almeno un’anno di stipendio di Rino Giacalone! Ma, ancora per sua sfortuna, noi non eravamo il giudice.
«Per quel che mi riguarda, mi sono difeso, con gli strumenti della legge», si giustifica Girolamo Fazio.
Non ce ne voglia, se gli ricordiamo che prima della legge esiste il buon senso che prevede la possibilità della richiesta di “replica e rettifica”, e, nell’ambito dell’azione giudiziaria – quando indispensabile – esiste il ricorso al giudice penale che ha metro di giudizio spesso diverso dal civile.
Per Giacalone, che ha preannunciato ricorso in appello, invece «oggi dinanzi a questa sentenza perde ancora più valore l’articolo 21 della Costituzione».