Un assente fra gli imputati: il Consiglio Comunale
Il recente deposito delle 136 pagine di motivazione della sentenza, emessa dal tribunale di Trapani, in merito al processo a carico dell’ex-sindaco Nino Laudicina, di due ex-assessori, dell’ancora attuale segretario generale del comune, Antonio Galfano, fa emergere una nuova chiave di lettura del dimenticato “scandalo asili nido”.
Al banco degli imputati mancava qualcuno: mancava quella parte della classe politica che aveva partecipato alle logiche spartitorie clientelari, al centro del caso di corruzione ricostruito dal Tribunale, mancavano coloro che sapevano ma non avevano denunciato alcunché, mostrando evidenti sentimenti omertosi. Mancavano, cioè, diversi degli attuali consiglieri comunali.
«Giuro di adempiere le mie funzioni con scrupolo e coscienza nell’interesse del Comune in armonia agli interessi della Repubblica e della Regione». E’ questa la formula con la quale i consiglieri comunali vengono immessi nell’esercizio delle loro funzioni. Ecco di cosa sono colpevoli i consiglieri che si sono prestati al gioco dell’allora capogruppo consiliare del CCD, Mario Toscano: spergiuro!
Quali scrupolo e coscienza: taluni consiglieri pensavano a tutelare gli interessi propri, della propria famiglia, e, al più, dei propri “amici elettori”.
Sottolinea l’art. 10 dello Statuto comunale di Trapani: «Il Consiglio Comunale è l’organo di indirizzo e di controllo politico – amministrativo del Comune». Ma quale controllo aveva svolto tale Organo quando – sono le parole dell’ex-dirigente comunale Filippo Sparla e dell’ex-assessore Giacomo Candela – «la vicenda era sulle bocche di tutti … tutte le parti politiche erano state interessate ed accontentate» per «tacitare attacchi politici».
Se era, in maniera evidente, sottesa la «finalità clientelare dell’individuazione della cooperativa Giustizia Sociale quale soggetto affidatario del servizio di funzionamento asili nido» dov’erano i consiglieri comunali? Lo dice la sentenza: molti erano impegnati a consegnare – all’assessore Toscano ed al presidente del consiglio Di Bono – le buste con le “segnalazioni” di nominativi per l’assunzione nella cooperativa!
Ecco perché l’assessore Salvatore Bonfiglio invitava – anche i consiglieri dell’opposizione di allora – a «non creare scalpore … non alimentare polemiche»: erano stati assunti, nella cooperativa Giustizia Sociale, parenti stretti di assessori e consiglieri comunali!
L’accusa fa riferimento anche alla figlia di un’impiegata del comune che intratteneva una relazione sentimentale con un allora dirigente comunale, alla moglie di un attuale capogruppo consiliare, alla fidanzata del figlio di un ex-assessore, ed infine alla cugina della moglie del sindaco Laudicina.
Negli scorsi mesi il segretario provinciale dei DS, Gino Paglino, ha dichiarato «Mai scendere a patti con metodi clientelari che mortificano la coscienza dei cittadini».
Paglino ha, quindi, ribadito che «si deve mettere alla porta chi sbaglia e si può e si deve eseguire una selezione accurata del personale politico a partire dalle candidature».
Condividiamo, infine, le parole di Gino Paglino «Non è accettabile la logica del peso delle preferenze a tutti i costi».
Questa “depurazione” è necessaria per concorrere a far crescere la cultura dei cittadini, per farla uscire dalla logica delle raccomandazioni e dei favori. Ma anche per rendere ancora credibili i Partiti.