Assistenti a tempo
In base all’art. 5 della legge regionale n. 22 del 1986 i Comuni «sono tenuti ad istituire nell’ambito della propria struttura organizzativa apposito ufficio per il servizio sociale … dotato di adeguati operatori». Per valutare quanti debbano essere tali operatori e quale rapporto debba avere l’Amministrazione con gli operatori basta ricorrere all’ultimo comma dello stesso articolo, il quarto, che recita «I Comuni … devono disporre, nei propri ruoli, di almeno un assistente sociale ogni 5.000 abitanti».
Se qui l’italiano non è una lingua sconosciuta, Paceco deve avere due operatori specializzati, degli assistenti sociali, in ruolo, ovvero organico, cioè assunti con regolare concorso per poter fornire servizi di «accertamento dei bisogni socio-assistenziali». Ed infatti la dotazione organica approvata il 23 ottobre 2003 prevede la figura dell’assistente sociale.
In atto, tuttavia, si trova a fruire della prestazione di due assistenti sociali, le signore Piazza e Genna, precarie, che ricevono, cioè, incarichi professionali con rinnovi semestrali, benché ripetuti negli anni.
La recente delibera della Giunta del capitano Plaja – la n. 209 del 30 dicembre 2004 – che rinnova per ulteriori sei mesi, sino al 10 luglio 2005, gli incarichi alla Piazza ed alla Genna porta la seguente giustificazione «…la mancanza della figura di assistente sociale porterebbe un grave pregiudizio alla fasce più deboli che, in tal caso, non potrebbero essere assistite …» ed ancora «ritenuto indispensabile prorogare l’incarico alle assistenti sociali Piazza Leonarda e Genna Giovanna, allo scopo di garantire stabilità e continuità al servizio, attesa l’ottima conoscenza che le stesse hanno maturato del territorio e dei suoi problemi».
Orbene, caro Plaja, così non ci siamo. La tua motivazione all’atto non sta in piedi «E’ un errore. – afferma, infatti, una giovane assistente sociale di Paceco, Paola Ferrara – Si tratta di una continuità fittizia. Le colleghe avendo incarichi precari non sono messe in grado, anche dal punto di vista motivazionale, di predisporre i necessari progetti a lunga scadenza, ovvero a 3-4 anni. Il servizio prestato, pertanto, si traduce in un fornire mera assistenza economica a chi si presenta in ufficio. Un monitoraggio effettivo del territorio, porta a porta, di fatto non avviene. Restano, pertanto, senza alcun riscontro i problemi nascosti, come quello del consumo della droga. A questo punto diventa indilazionabile l’avvio dei concorsi a copertura dell’organico previsto, ivi privilegiando la figura del manager dei servizi sociali, ovvero di colui che predispone e coordina i progetti, figura oggi che viene professionalizzata con la laurea di secondo livello».
In materia, poi, di «conoscenza dei problemi» le assistenti sono tenute, per disciplinare d’incarico, a «formulare relazioni di servizio e rapporti informativi … ad aggiornare lo schedario degli assistiti, il registro dei contributi ed il registro dei colloqui». Insomma la conoscenza è tramandabile.
Una Giunta di “sinistra” potrebbe effettuare una turnazione fra tutti le professioniste che hanno prestato istanza per svolgere tale servizio. L’accettare la proposta non svierebbe il pensiero da scelte clientelari?
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AGGIORNAMENTO
Riceviamo una richiesta di rettifica ed integrazione all’articolo “Assistenti a tempo”, pubblicato sul n. 6 di “Domani Liberi”, e la pubblichiamo in toto. La Redazione.
Il servizio sociale professionale è il referente primario per l’implementazione di un sistema organizzato di servizi e interventi sociali forte e autorevole. L’assistente sociale è l’artista del servizio sociale, e deve essere in grado di rispondere al mutamento della domanda sociale, ai bisogni della persona, della famiglia e della collettività, ciò avviene attraverso la predisposizione di piani di lavoro e progetti mirati a promuovere responsabilità, capacità e comportamenti atti a superare le situazioni di bisogno.
L’assistente sociale spesso è il capro espiatorio di uno scarso coordinamento tra i servizi dovuto all’incapacità di una corretta programmazione e di una volontà politica che non si confronta con i reali bisogni della famiglia e della comunità. In diverse realtà territoriali l’assistente sociale lavora in situazioni logistiche precarie, senza risorse né strumentazioni adeguati allo svolgimento delle loro funzioni, senza i tempi utili a garantire l’espletamento di un rapporto professionale deontologicamente e metodologicamente corretto.
Ritengo corretta la scelta del Sindaco del Comune di Paceco di prorogare l’incarico agli assistenti sociali del territorio, in quanto l’espletamento delle loro funzioni non può prescindere da una presenza continuativa all’interno dell’Ente Comunale.
Perno fondamentale del servizio sociale è la relazione fra il professionista e l’individuo, basata sulla competenza e sul senso di fiducia, essa genera dinamiche comunicative positive che creano una perfetta corrispondenza tra la domanda e la risposta alla domanda stessa.
Un’eventuale turnazione tra tutte le professioniste che hanno prestato istanza per svolgere tale servizio porterebbe ad una frammentarietà di risposte incoerenti e incostanti, che disorienterebbe i cittadini. Piuttosto credo che l’ente locale dovrebbe liberare le attuali assistenti sociali da una situazione di precarietà occupazionale non funzionale all’esercizio del loro compito.
8 giugno 2005 – Paola FERRARA Paceco