Carceri: Senza Umanità, poi niente Buoni Cittadini
TRAPANI, 14 SET – Per l’on. Salvo Fleres, garante dei detenuti della regione Sicilia, servono «Azioni utili affinchè i futuri provvedimenti legislativi possano prevedere un minor ricorso alla carcerazione preventiva ed un maggior utilizzo delle pene alternative al carcere, il Coinvolgimento maggiore degli Enti Locali e delle Istituzioni presenti nei vari territori, il Rifinanziamento del capitolo di bilancio relativo alla realizzazione di attività di lavoro autonomo da parte dei detenuti in espiazione di pena».
Queste le uniche soluzioni possibili per ridurre il sovraffollamento nelle carceri italiane e, soprattutto, le condizioni inaccetabilmente disumane di vita all’interno di queste strutture nonché la reiterazione delle attività criminose da parte dei detenuti che hanno espiato una prima pena.
«Secondo uno stereotipo culturale dominante, ma non condiviso, il carcere è un’istituzione necessaria in una società civile. Esso è in questa inserita, ma da essa nettamente separata, in quanto accoglie al suo interno la cosiddetta “parte marcia” dei consociati che ivi vengono reclusi a scontare i loro “peccati”».
E’ quanto scrive nell’ultima recente relazione annuale, Salvo Fleres [LA PUOI SCARICARE QUI].
«Dunque – prosegue Fleres –, il cittadino “onesto” è, o sarebbe, del tutto indifferente alle condizioni di vita dei reclusi ma, a parte il fatto che un incidente di percorso potrebbe capitare a chiunque, non si deve mai dimenticare che la pena non può, né deve, consistere in una forma di vendetta della società, ma deve tendere al recupero di coloro che hanno sbagliato».
L’on. Fleres, invece, ricorda come al «detenuto non deve essere mai privato della sua dignità di essere umano».
Andando al merito della relazione del garante dei detenuti, questa non presenta “novità” rispetto a quello che già si sa: «Le strutture siciliane sono, sotto questo aspetto, ormai al collasso, anche perché, purtroppo, molte sono fatiscenti e ciò rende ancora più gravosa la detenzione. In alcuni istituti si raggiungono cifre impensabili, come nel caso di Piazza Lanza a Catania o all’Ucciardone di Palermo».
Gli investimenti per la costruzione di nuovi padiglioni nelle carceri già esistenti ci sono, ma sono, evidentemente, a carico dell’Erario e delle tasche dei cittadini: 14,3 milioni di euro per creare 200 nuovi posti-letto a Trapani; 13,5 milioni per altrettanti posti a Siracusa; 11,6 milioni sempre per 200 posti ma a Caltagirone; 33 milioni di euro per 450 nuovi posti-letto a Catania; ulteriori 11,6 milioni per ampliamenti in altre carceri siciliane.
Ma la situazione è ancora quella: «Dieci/dodici detenuti stipati in una cella di pochi metri quadrati, costretti a fare il turno per poter stare in piedi o per consumare i pasti; senza una branda, perché la cella non la contiene, sono talvolta costretti a dormire per terra. Questo è quanto è possibile vedere visitando le strutture appena citate».
Le conseguenze sono evidenti: «una maggiore esposizione a malattie di tipo contagioso, la difficoltà, alle volte l’impossibilità, di svolgere attività trattamentali, poiché gli spazi in genere destinati alla “socialità” vengono utilizzati per allocare i ristretti. Tutto ciò rende la detenzione inumana e degradante».
E’ il cane che si morde la coda: condizioni inumane nelle carceri producono esseri asociali e nuovi reati. Perchè non intervenire a monte, quindi? Fra una sagra della spingia ed una del melone, i nostri sindaci, i nostri direttori didattici, cosa fanno per il reingresso in società degli ex-detenuti?