Caso Giacalone: Condannata la libertà di parola
TRAPANI, 10 OTT – Un giornalista di Trapani, Gaspare Giacalone (detto Rino), noto cronista cittadino, è stato riconosciuto colpevole, “in Nome del Popolo Italiano”, dal Tribunale Civile (e non Penale) di Trapani, del reato di diffamazione nei confronti dell’ex sindaco di Trapani Girolamo Fazio e condannato al risarcimento del danno, liquidato, “in via equitativa”, in euro 25mila, oltre spese di giudizio (altre 3.313 euro), da dividersi, queste ultime, con Associazione Siciliana della Stampa – Sezione di Trapani, intervenuta nel giudizio a tutela del proprio collega [SCARICA QUI LA SENTENZA INTEGRALE].
Fin qui la notizia.
Domani un articolo potrebbe fermarsi qui.
Di norma, invece, secondo nostro costume, dovrebbe seguire, un commento.
Ma abbiamo paura. Abbiamo paura di commentare una notizia perché oggi abbiamo presente, più che mai, di vivere in un Paese in cui la “libertà di opinione” è solo un enunciato della Costituzione, anzi della costituzione, con la c minuscola.
Abbiamo paura perché oggi ci rendiamo conto come sia facile, per chi detiene un Potere, di colpire pesantemente chi prova ad alzare un voce alternativa, a denunciare una verità (anche solo presunta) contro i castelli di bugie costruiti e propagandati ad arte.
Eppure è una sentenza utile, perché ci spiega perché di giornalisti veri a Trapani, e dintorni, ce ne siano ben pochi, forse tutti racchiusi nelle dita di una sola mano, e siano in continua riduzione, mentre proliferano i “cronisti”, professionisti del “copia ed incolla” del Comunicato Stampa del Potente di turno.
Anche i giornalisti si devono “buscare il pane” e non possono mettere pentola e famiglia a rischio per un articolo, per un’inchiesta, che, quando non è fatto a gratis, viene pagato 5 euro nette. Finalmente comprendo la loro paura. Non è – spesso – malafede, è semplice paura, è autocensura. Un uomo con la “testa sulle spalle” non può rischiare 30 o più mila euro per un commento, più o meno corretto. Un giornalista con “la testa sulle spalle” pubblica solo i comunicati stampa del Potente, del Padrone del Vapore!
Chi scrive d’altro, chi prova a dire la sua, ad andare contro corrente, o è un milionario annoiato come Marco Travaglio, o è un pazzo!
Ora mi spiego perché, nella classifica sulla libertà di stampa, redatta da “Reporter Senza Frontiere”, ed aggiornata nel 2013, l’Italia al 57° posto, dietro la Moldavia ed il Sudafrica, ma anche dietro Haiti, la Burkina Faso, il Niger, ecc: l’Ambiente e l’autocensura, il Quadro legislativo hanno un pesante peso su quanto si “può” scrivere in Italia, molto di più delle problematiche generali sull’indipendenza, sul pluralismo o sulle infrastrutture.
In Italia non si può scrivere, c’è paura. E da oggi, di più.
E’ allucinante pensare che una frase, più o meno correttamente scritta, una similitudine, più o meno di cattivo gusto o azzeccata, possa costare lo stipendio di 1 o 2 anni di lavoro.
In questi due anni cosa mangerà la famiglia del condannato?
Ma è ancora più incredibile pensare a chi a emesso la sentenza, una qualsiasi sentenza del genere, non questa, alla norma che consente di determinare risarcimenti “equitativi” proporzionati «all’impegno politico della persona offesa» e non al “salario” ed ai carichi di famiglia del reo.
E’ ovvio che questo inviata ad una riflessione sulla necessità di riformare la giustizia, per togliere l’eccesso di “discrezionalità” in mano ad un uomo.
E’ incredibile pure pensare che chi abbia “vinto” il risarcimento, per una qualsiasi causa civile del genere, non per forza questa, non comprenda il danno alla cultura, alla crescita del Paese, allo sviluppo delle intelligenze, che fanno sentenze così, che sono ben più importanti delle sue personali ragioni.