Nuova legge elettorale: sbagliata e da rifare
Dal 5 agosto la Sicilia ha una nuova legge elettorale, Ma, probabilmente, una legge che non sarà mai applicata. Doveva essere una legge che dettasse procedure condivise. Ma non lo è stato. Doveva essere una legge che allargasse la partecipazione dei cittadini alla politica, all’agone democratico. Ma non lo è stato.
Ora alcuni partiti, quelli più piccoli ed umili, quelli dispregiativamente chiamati “prefissi telefonici”, per le percentuali di consenso spesso conseguite nelle tornate elettorali, si sono assunti la responsabilità di denunciare la malefatta e di battersi – col mezzo del referendum – per la sua abrogazione.
Si tratta di abrogare una legge approvata col voto favorevole di soli 49 deputati sui 90 componenti il parlamento regionale. Appena 3 voti in più del minimo richiesto. A favore solo il centro-destra. E non tutto.
Un voto inaudito per una legge elettorale: sarebbe come se, in una partita di calcio, solo 12 giocatori stabilissero le regole che, poi, tutti i 22 atleti partecipanti, dovrebbero seguire per giocare.
Un rappresentante della stessa maggioranza, la marsalese on. Eleonora Lo Curto (allora in Nuova Sicilia) aveva appena dichiarato «La democrazia rischia di uscire sconfitta da quest’aula, dove prevarrà la logica dei numeri. Questo è un concetto della democrazia come sistema di potere, piuttosto come sistema di ideali e valori».
Tra gli aspetti più “curiosi”, la legge ha previsto il “listino”. Otto deputati, “eletti” anche senza aver ottenuto neanche un voto, che andranno assegnati in “dote” (come “premio di maggioranza”) alla coalizione che vincerà le elezioni.
Il deputato catanese avv. Giovanni Ioppolo (Alleanza Nazionale) ha definito il listino «un obrobrio giuridico, poiché il rapporto di rappresentanza tra il corpo elettorale e le istituzioni si interrompe». Coloro che risulteranno eletti nel “listino” – continua il deputato – «non sono e non saranno rappresentanti del corpo elettorale, e quindi rappresentanti liberamente scelti dal Popolo, ma liberamente scelti, semmai, dalle segreterie dei partiti», il premio di maggioranza – conclude Ioppolo – andava «distribuito all’interno delle circoscrizioni provinciali».
Ma la nuova legge è soprattutto una legge che toglie e non dà. Toglie rappresentatività ai 350.000 elettori che, nel 2001, hanno votato per i partiti “minori”.
La risicata maggioranza di centro-destra, in nome della lotta alla mafia (?) ha, infatti, previsto lo sbarramento del 5% che cancellerà partiti storici e nazionali (i comunisti, i verdi, i socialisti, per citarne solo alcuni) e li relegherà a forze extra-parlamentari.
Avevo letto bene per contrastare la mafia! Perché la mafia, secondo alcuni, potrebbe costituire una lista “fai da te” ed eleggere un proprio rappresentante. Facciamo rispondere ancora all’on. Lo Curto (mica ai comunisti!) «Da che mondo è mondo, la storia lo insegna, la mafia è stata sempre vicina al potere e ha cercato collusioni dentro il potere, non ha certo albergato nei partiti minori».
La nuova legge toglie (elezione diretta del Presidente, elezione contestuale di Presidente e Parlamento) ogni “potere” ai deputati. Bene puntualizza l’on. avv. Salvatore Raiti (Italia dei Valori) «L’attività di indirizzo politico non la possiamo fare, la sfiducia la maggioranza non la può fare perché è legata allo scioglimento dell’intero Parlamento. L’attività di controllo la facciamo attraverso le mozioni, interrogazioni ed interpellanze che hanno risposta, quando ci va bene, dopo un anno, e nella maggioranza dei casi non c’è neanche la risposta». Insomma il presidenzialismo rende il Premier quasi come un monarca che neanche si degna di rivolgere la parola ai suoi vassalli.
Ma la legge non dà un voto segreto (si chiedeva lo spoglio per plesso scolastico e non per seggio), non dà un voto libero (si chiedeva la doppia scheda), non dà spazio alle donne (si chiedeva l’obbligo della pari partecipazione dei sessi nelle liste).
Una legge da riscrivere, insomma, tutti insieme, stavolta, ma prima delle elezioni 2006.