La verità che dà fastidio
C’è tutto il mondo …, come ha scritto Gabriele Romagnoli, nella fotografia di Spencer Platt vincitrice del World Press Photo 2007. Cinque ragazzi, un po’ infastiditi, attraversano, su una fiammante cabriolet, i quartieri sciiti di Beirut devastati dagli ultimi bombardamenti israeliani.
Consiglio vivamente di cercare la fotografia sulla rete e leggere i commenti di autorevoli critici e giornalisti. Sempre Romagnoli: «C’è una parte di mondo che piega la schiena e raccatta i propri resti e un’altra che getta un occhio vagamente interessato e fintamente compassionevole durante la pausa dei consigli per gli acquisti».
Tra un po’ ci verrà presentato il conto sul restyling della città, il cittadino si chiederà se gli spazi urbani sono diventati luoghi più vivibili in un sistema territoriale integrato, se si è risposto adeguatamente ai bisogni di formazione e cultura, di lavoro e svago delle diverse comunità sociali.
Le ricadute della politica per la città non sembrano essere andate in questa direzione.
L’economia della città storica non da segni di ripresa (vedi gli esercizi di via Garibaldi) se non per l’irrazionale valore degli immobili, spinto dall’evento eccezionale America’s Cup, ma in una generale crisi congiunturale e in un brano di città che per morfologia è a forte rischio nell’emergenza ambientale globale.
Questo non più a detta dei catastrofisti ma anche dagli esperti locali.
La città, terminata l’ubriacatura velica-honululu, è tornata ad occupare le ultime posizioni di tutte le graduatorie nazionali riguardanti l’economia, la qualità della vita e dei servizi, mentre continua ad occupare le prime pagine dei palinsesti per mafia, disoccupazione, emigrazione.
Tutto questo, viene risposto, è disinformazione.
C’è la sensazione di una congiura della mediocrità impossessatasi una volta per tutte della città, dove la denuncia dei cittadini è relegata a piccoli trafiletti in breve, dove tutto si beve e che prima o poi si parteciperà al balletto della futilità.
Si è affermata una società civile che lavora nei salotti, l’omologazione di intellettuali locali che celebrano il beribau sulle famiglie fasciste dell’epoca, di architetti ed urbanisti che non prendono posizione sui banali interventi presentati come fiore all’occhiello (Bastione dell’impossibile, casermetta dei Vigili del fuoco nel fronte a mare, le onnipresenti palme ormai assunte ad uniche specie di decoro vegetale) o su l’adozione del Piano regolatore generale che non è il massimo ma almeno il minimo per iniziare a disegnare la città dei cittadini, delle opportunità per uno sviluppo sostenibile.
Di pianificato però c’è il disegno di un egocentrico possesso del paesaggio territoriale ed umano. E oggi tutti a conferire su Trapani nell’area di libero scambio mediterraneo nel 2010 insieme al … Libano.