Vi racconto il Maestro Campo
Favignana, in una vera e propria colonia di omonimi, vive ed opera Antonino Campo, di professione scultore.
La sua casa, ai bordi di una cava dismessa, è un vero e proprio museo permanente dove raccoglie, in attesa di esporla, la sua esposizione artistica, realizzata lavorando i blocchi di tufo, da cui ricava piccoli capolavori che sembrano collocarsi a metà strada fra la scultura classica e l’artigianato, ma che egli definisce, per modestia, come una sorta di ricordi dell’isola destinati all’arredo di civili abitazioni.
Tante piccole opere realizzate con forte senso plastico ed inventiva, talvolta stilizzate, ma pur sempre espressione di un’arte prevalentemente figurativa e soprattutto spontanea che, con ammirevole sintesi, egli ama definire la “civiltà dell’abitare”.
Intimamente si compiace che i suoi concittadini lo chiamino maestro o, per eccesso di deferenza, addirittura professore. Ma seppure non ha frequentato l’accademia, sono titoli, questi, che in qualche modo gli spettano ormai di diritto dal momento che da alcuni anni a questa parte di tiene, nell’ambito delle iniziative culturali promosse dal Comune di Favignana, anche piccole lezioni ai ragazzi dell’isola, cui spiega con competenza professorale la ge-nesi della pietra calcarea, le tecniche di estrazione, la sua duttilità, i suoi possibili impieghi, con frequenti e dotte escursioni nella storia e nell’archeologia isolana.
Per lo slancio con cui ne parla, Antonino Campo sembra amare il suo tufo di un amore intenso, e non solo per la ragione prosaica che gli dà da vivere. Te ne accorgi quando lo descrive, pur allo stato di materia informe, “una pietra luminosa e affascinante”, o quando ti racconta che sognava già da bambino di poter ricavare da quella pietra dura e compatta figure plastiche che avessero dignità di arte figurativa. Arriva a dirti che riesce immediatamente ad intuire l’opera da realizzare non appena inquadra un blocco di tufo.
Che lui continua a ricercare, con la passione di sempre, perlustrando palmo a palmo le gallerie e i cunicoli delle cave ormai abbandonate, selezionando ogni singola pietra da scolpire in base ad una conoscenza, una pratica ed una tecnica di cui a Favignana lui rimane l’impareggiabile depositario.